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Relazione del Presidente 2011 PDF Stampa Email
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Queste riflessioni prendono spunto dal ruolo che assumono le associazioni in generale, e quindi questo Circolo, in un momento storico di grave degrado morale, ormai riconosciuto da tutti, in cui vengono valorizzati gli istinti di seduzione, forza, furbizia, egoismo individuale. Il venir meno delle ideologie sembra aver trascinato con se anche la morte di ogni ideale, la crisi delle motivazioni dell'agire personale e del progettare la comune convivenza, con conseguente degrado diffuso nell'intero paese. L'interesse particolare, la difesa delle tribù, il vantaggio a breve termine, il successo a scapito della giustizia sembrano dettare legge, ed ogni appello al senso di responsabilità verso le generazio­ni future o al debito verso quelle passate è irriso.1

In una lettera inviata dal carcere in cui attendeva la morte, che il regime nazista gli avrebbe inflitto, il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer scriveva: « La perdita della memoria morale non é forse il motivo dello sfaldarsi di tutti i legami, dell'amore, dell'amicizia, della fedeltà? Niente si radica, niente mette radici: tutto è a breve termine, tutto ha breve respiro. Ma beni come la giustizia, la verità, la bellezza e in generale tutte le grandi opere richiedono tempo, stabilità, memoria; altrimenti degenerano ». Parole profetiche, che leggono bene il tempo presente, contrassegnato da provvisorietà e instabilità in tutti i rapporti.2

Nel devastante dominio dell'apparire, della ricerca ossessiva dell'interesse personale a scapito degli altri e della collettività, della soddisfazione degli impulsi più incontrollati può suonare come una salutare boccata d'aria fresca la semplice testimonianza di chi liberamente decide di tener conto degli altri nel proprio comportamento, di chi accetta di condividere i doni – materiali come immateriali e spirituali – che possiede.3

Enzo Bianchi parla di “sobrietà, povertà e gratuità”.Senza persone che scelgono liberamente una vita sobria è molto difficile, se non impossibile, che persone che la povertà non l'hanno scelta ma la subiscono possano uscire dalle trappole dell'indigenza e dall'esclusione. I programmi governativi di lotta alla povertà possono anche essere implementati da funzionari muniti di panfili e Maserati, che alternano convegni sulla povertà e vacanze milionarie. Ma se i volontari non sono essi stessi persone che liberamente scelgono una vita sobria e non consumistica, raramente i loro interventi avranno successo duraturo.

Sobrietà, povertà ma anche gratuità. Quest'ultima non è il limoncello in un pranzo: essa è il modo con cui si prepara l'intero pranzo, la qualità delle relazioni che poniamo in essere mentre viviamo dentro e fuori il mercato, con chi sarà nella nostra tavola e con chi resta fuori dai nostri pranzi opulenti (ogni sobrietà implica sempre una scelta di povertà), l'eticità e la sostenibilità ambientale dei cibi che compriamo per preparare il pranzo, ecc. È in tutte queste scelte che ci giochiamo la gratuità nei consumi e nel mercato.

Cos'è allora la gratuità? È quell'atteggiamento interiore che ci porta a rapportarci con gli altri, con noi stessi e con la natura sapendo che abbiamo a che fare con qualcosa da amare e da rispettare, e non da usare a fini egoistici. Quando si attiva la dimensione della gratuità, la strada da percorrere è importante quanto la meta da raggiungere. Il dono può essere gratuità, ma non quando nel dono prevale la dimensione dell'obbligo. Una parola che coglie questa dimensione della gratuità è “innocenza”, quella dimensione che troviamo soprattutto nei bambini: il bambino che gioca senza nessun altro scopo che non sia il gioco stesso esprime questa dimensione della gratuità. La gratuità è presente anche nel comportamento di quella persona anziana che, sebbene viva da sola, si riassetta bene il letto e si prepara il pranzo con cura, per esprimere la propria dignità di persona e il “non lasciarsi andare”.

Ricordando la sua esperienza nel lager, Primo Levi scriveva: « Ma ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del “lavoro ben fatto” è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i nazisti, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità ». Tirar su “un muro dritto” per dignità è anche espressione di gratuità, poiché dice che esiste negli altri, in se stessi, nella natura, nelle cose, persino nei “muri”, una verità ed una “vocazione” che va rispettata e servita, e mai asservita ai nostri interessi.4

Un'altra riflessione importante riguarda i giovani, e le finalità di un Centro di aggregazione giovanile come è questo Circolo. Un tempo, nella stagione di avvio delle politiche giovanili, il problema era se e come intervenire in un settore che non era mai stato oggetto dell'intervento pubblico. Si trattava d'inventare, conoscere e costruire. Lo si è fatto con risultati diversi grazie all'impegno di molti operatori, allora giovani e oggi non più, e dell'associazionismo con esiti che hanno lasciato in eredità edifici e strutture ma anche competenze e know out pedagogico e progettuale. Il presente è gravido di quel passato che ha messo all'opera alcune tra le migliori energie e intelligenze. Si tratta ora di riconquistare il domani in uno scenario che appare molto diverso da qualsiasi previsione si potesse fare. I giovani ieri considerati come nuovo soggetto sociale o politico, finalmente liberati dalla paura degli adulti e delle loro istituzioni, spogliati di un ruolo che li costringeva a replicare le scelte dei padri, rischiano oggi di essere la parte debole della società civile. Di fronte a ciò la politica e le energie sociali dei territori hanno il dovere di provare a costruire un futuro possibile, cercando forme di coinvolgimento e partecipazione, puntando sulle architravi di un domani in cui si possa dire arrivederci senza il timore di non incontrarsi più.5

Essere adulti significa essere in grado di fare, in tutta autonomia, in piena consapevolezza, scelte irreversibili. I giovani, confinati in un eterno presente, non scelgono più: vengono scelti. Dobbiamo far loro capire il fortissimo valore di crescita che dà la capacità di scegliere, di operare scelte irreversibili. Contro tutti i relativismi. Affermare la necessità di attribuire un ruolo educativo a tutta la società non deve essere in alcun modo interpretato come cercare di sminuire ruoli e responsabilità di tutti i soggetti che sono direttamente chiamati a svolgere, in modo affettivo o professionale, funzioni educative.6

Cosa serve quindi per risollevare la nostra società? Serve un'etica della comunità. Bisogna riuscire a reinventare rapporti umani che non siano basasti sull'indifferenza, un saper stare insieme anche fra diversi, un nuovo modello di vita comune. Luigino Bruni la chiama “etica della fraternità”, che naturalmente va insieme alla libertà e all'uguaglianza. Però libertà ed eguaglianza da sole non bastano perché non sono legami, bensì stati individuali. Invece una comunità si tiene insieme con dei legami, e il legame è la fraternità. In un mondo feudale non aveva senso. Oggi che siamo più liberi ed uguali, la fraternità è possibile perché senza di essa viene a mancare perfino la gioia di vivere.7

Nonostante oggi si parli molto d'individualismo, tutti noi, in modo spontaneo, talvolta inconsapevole, partecipiamo ad esperienze di socialità. Questo Circolo ne è un esempio. Non potrebbe essere altrimenti. Eppure, forse oggi più di ieri, è reiterato il lamento di una crisi di partecipazione, di un profondo disinteresse verso la collettività, di una diffusa resistenza ad occuparsi della res publica. Viene prima il proprio interesse, o meglio, si rivela più profittevole la formula del free rider. Movi­menti, associazioni, organizzazioni e, soprattutto, partiti hanno diluito tutto il loro appeal. I giovani, ma anche gli adulti e gli anziani, vengono definiti spesso come già troppo affaccendati per avere tempo da dedicare alla partecipazione, oppure piuttosto delusi dalla diverse forme oggi a disposizio­ne per far/prender parte alla vita della propria comunità.8

C'è bisogno di qualcosa di più nel rapporto tra l'associazionismo e l'ambito delle decisioni politico – amministrative.

Nell'ambito dell'associazionismo si può costatare una molteplicità d'esperienze molto interessanti eppure poche sono le voci che tentano di trasferire il proprio intervento operativo o teorico sul piano della critica politica. Uno dei limiti dell'associazionismo, e del volontariato in generale, è quello di sfidare troppo poco il contesto cui si trova. Si ritaglia un proprio spazio – magari con maggiore con­sapevolezza, e minori compromessi di un tempo – ma non sfida la comunità nei suoi punti di cadu­ta. Raramente l'associazione di volontariato si infuria con l'autorità politica, con chi ha responsabili­tà, ma anche con la comunità nel suo insieme.

È necessario tracciare un rinnovato progetto di partecipazione sociale nei diversi ambiti delle deci­sioni politico-amministrative.

I cambiamenti però sono frutto delle scelte dei singoli. Sarebbe già un segnale significativo se qual­che amministratore o consigliere “scendesse in strada” per conoscere non solo le istanze delle asso­ciazioni ma anche le loro risorse. Mi chiedo se deve essere sempre la società civile a stimolare le istituzioni o se, in qualche occasione può accadere l'inverso.

Certamente non ci si può fermare alla sola critica ma è opportuno iniziare, se lo riteniamo, un dibat­tito tra le associazioni che esca dall'informalità per trovare quel qualcosa in più.9

 

Il Presidente del Circolo

Mario Rizzi

 


1 Enzo Bianchi, “Il cuore dell'uomo ferma le barbarie”, in La Stampa, 5/9/2010.

2 Enzo Bianchi, “L'orizzonte condiviso di un'amore”, in La Stampa, 25/7/2010.

3 Enzo Bianchi, “Il fascino quotidiano del bene”, in La Stampa, 24/10/2010.

4 Luigino Bruni, “Sobrietà, povertà e gratuità”, in Saperecoop, 2010.

5 Massimo De Bortoli, “Il futuro non è più quello di una volta”, in “Alidee” - Trimestrale regionale delle politiche giovanili, n. 10/2010.

6 Paolo Zuliani, Responsabile Politiche Giovanili Provincia di Gorizia, in “Alidee” - Trimestrale regionale delle politiche giovanili, 2010.

7 Luigino Bruni, docente di Economia all'Università Bicocca di Milano, “Serve un'etica della comunità”, in “consumatori” - Mensile dei soci coop, luglio/agosto 2010.

8 Paolo Tomasin, Sociologo e docente universitario, Coordinatore scientifico Osservatorio Politiche Sociali della Provincia di Pordenone, in “Alidee” - Trimestrale regionale delle politiche giovanili, 2010.

9 Maurizio Battistutta, “C'è bisogno di qualcosa di più”, in “Area tre”, giugno 2000.